Gestione Separata INPS: contributi 2010

sabato 15 gennaio 2011

In riferimento alla Circolare INPS n. 13 del 02/02/2010, come per le altre categorie, anche per gli iscritti alla Gestione Separata, di cui all’art. 2, comma 26, della Legge 8 agosto 1995, n. 335, l’INPS ha provveduto, con effetto dal 01/01/2010, a rideterminare i diversi valori rilevanti sulla base del tasso d’inflazione.
La situazione disposta dalla circolare di cui sopra è la seguente:
a)   Per chi non è iscritto ad altre forme previdenziali, l’aliquota contributiva è il 26,72%, di cui 26% a titolo di contributo di indennità, vecchiaia e superstiti (o IVS) e 0,72% a titolo di aliquota aggiuntiva;
b)   Per tutti gli altri iscritti, come ad esempio titolari di pensione o di altra copertura previdenziale, l’aliquota contributiva è il 17%.
L’INPS non ha fissato un importo minimo contributivo: ciò significa che il calcolo del contributo da versare deriva dall’applicazione delle suddette aliquote al reddito conseguito dagli iscritti alla Gestione separata. L’INPS fissa invece un importo massimo contributivo: le aliquote si applicano al reddito conseguito nell’anno di imposta 2010 dagli iscritti alla Gestione separata fino al raggiungimento del massimale di reddito previsto dall’articolo 2, comma 18, della Legge n. 335/1995, che per l’anno 2010 è pari ad euro 92.147,00. Quindi chi ha conseguito redditi superiori al massimale di reddito citato, il contributo dovuto sarà, per gli iscritti di cui alla precedente lettera a), pari al 26,72% di 92.147,00 e cioè pari ad euro 24.621,68, e, per gli iscritti di cui alla precedente lettera b), pari al 17% 92.147,00 e cioè pari ad euro 15.664,99 e per la parte eccedente nulla è dovuto.
Per il cosiddetto “principio di cassa allargato”, in base al quale le somme corrisposte entro il giorno 12 del mese di gennaio si considerano percepite nel periodo d’imposta precedente, i redditi percepiti entro la data del 12 gennaio 2010 riferiti a prestazioni effettuate entro il 31 dicembre 2009 sono da calcolare con le aliquote contributive in vigore nel 2009.
Tuttavia, è previsto un minimale contributivo con un altro significato, pari ad euro 3.830,04 per gli iscritti di cui alla precedente lettera a) e pari ad 2.436,78 per gli iscritti di cui alla precedente lettera b. Detti minimali contributivi derivano dall’applicazione delle due aliquote al minimale di reddito fissato per l’anno 2010 che è pari ad euro 14.334,00. Chi verserà contributi di importo minore non si vedrà accreditato un anno di contributi ma solamente una quota in mesi proporzionale alla somma versata. Chi appartiene alla prima categoria e versasse ad esempio una somma pari a 638,34 e cioè esattamente a 2/12 del minimale contributivo si vedrà riconosciuto solo 2 mesi di contributi ai fini della pensione.
Per i lavoratori titolari di contratti a progetto, i cui redditi sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 34 della legge 21 novembre 2000, n. 342, il contributo è a carico dei committenti per 2/3 e a carico dei lavoratori stessi per 1/3, che se lo vedrà detratto in busta-paga. Nelle associazioni in partecipazione il contributo riferito all’associato è pari al 55% per l’associante e per il 45% per l’associato stesso.
I lavoratori autonomi abituali non iscritti ad albi professionali, cioè i cosiddetti “professionisti senza cassa”, che sono titolari di partita IVA, e non anche quindi i collaboratori occasionali, infine, hanno a proprio carico l’intero onere contributivo, salvo il diritto di addebitare in fattura una percentuale del proprio compenso, o, meglio, corrispettivo, pari al 4% a titolo di rivalsa contributiva ai propri clienti. Occorre precisare tuttavia che tale percentuale di rivalsa non è obbligatoria come per i lavoratori autonomi iscritti in albi professionali, cioè i “professionisti con cassa”, ma solamente facoltativa: ciò vuol dire che il professionista senza cassa dovrà concordare con ciascun cliente la possibilità di aggiungere tale percentuale di rivalsa col rischio che il cliente possa anche non accettare. Inoltre tale percentuale di rivalsa, proprio perché facoltativa, è, ai fini delle imposte sul reddito, assimilata ai corrispettivi da lavoro autonomo per proprie prestazioni quindi tassabile. Operativamente il professionista senza cassa dovrà quindi calcolare la ritenuta d’acconto anche sulla somma addebitata a titolo di rivalsa oltre che sui propri corrispettivi veri e propri.

Fonte: la rete

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